La Corte ha ritenuto legittimo il rigetto da parte del pubblico ministero della richiesta della difesa di esercitare il proprio diritto di accesso alle registrazioni delle intercettazioni utilizzate per l’adozione di una misura cautelare anche mediante l’autorizzazione ad un proprio consulente di accedere direttamente al “server” della Procura della Repubblica al fine di verificare la conformità delle tracce audio riversate sul supporto informatico rilasciato a quelle effettivamente presenti nello stesso. In proposito la sentenza ha precisato come nel caso di specie fosse stato legittimo delegare la formazione della copia delle conversazioni agli uffici di p.g. ove era stato originariamente instradato l’ascolto e come la richiesta del difensore fosse invece strumentale ad anticipare nel giudizio di riesame la verifica sull’utilizzabilità delle intercettazioni in relazione al presupposto dell’effettiva registrazione delle conversazioni nei locali della Procura, verifica invece demandata alla fase che si instaura in seguito al deposito degli atti, non potendosi ritenere compreso nel diritto di accesso alle registrazioni in quella cautelare, così come configurato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 336 del 2008, anche il diritto della parte a conseguire l’attestazione di conformità delle copie delle medesime alle tracce audio effettivamente contenute nel server della Procura.
Pubblicata la nota alla sentenza sul numero 1-2012 della rivista “Sicurezza e Giustizia” a cura del giudice Pietro Errede
La Corte ha precisato che non sussiste, perché non previsto, alcun obbligo di comunicazione al difensore del provvedimento con cui il pubblico ministero ha deciso sulla sua istanza di accedere alle registrazioni delle intercettazioni telefoniche utilizzate per l’adozione di una misura cautelare e che pertanto è onere dello stesso difensore informarsi presso l’ufficio della parte pubblica dell’eventuale accoglimento ovvero del rigetto della suddetta istanza o anche solo della sua mancata considerazione. Nella fattispecie la difesa aveva presentato istanza di audizione delle registrazioni in vista dell’udienza di riesame, nel corso della quale aveva eccepito di non essere stato posto in grado di esercitare il diritto di accesso perché l’autorizzazione del pubblico ministero gli era stata comunicata via fax solo il giorno precedente all’udienza medesima, adempimento la cui asserita tardività la Corte ha ritenuto non sussistere, ritenendo per l’appunto che spetti alla difesa attivarsi tempestivamente per prendere cognizione della sorte dell’istanza formulata.
La sesta sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata su una questione processualpenalistica inerente il grado di utilizzabilità delle intercettazioni, ovvero se potessero validamente costituire prova le intercettazioni inerenti a notizie di un reato diverso da quello al cui accertamento le medesime erano state autorizzate. Con la sentenza n. 34735/11 la Suprema Corte ha affermato il principio in base al quale tali evidenze possono essere legittimamente utilizzate per provare la colpevolezza dell’imputato purché si inseriscano nel medesimo procedimento e riguardino lo stesso accusato a cui siano addebitati fatti distinti ma tuttavia connessi o collegati.
Estratto della sentenza per la copia del testo
Le riservate acquisizioni investigative, ovvero le informazioni acquisite da informatori confidenziali, non possono costituire indizi di reato, da porre a base delle successive autorizzazioni alle intercettazioni, per l’inequivoco disposto degli artt. 203, comma I- bis, e 267, comma I-bis, c.p.p., secondo i quali le notizie fornite agli informatori della polizia giudiziale sono inutilizzabili, anche in fase di indagini preliminari, se gli informatori non sono stati interrogati o assunti a sommarie informazioni.
La Corte ha dichiarato inutilizzabili, ai fini cautelari, le intercettazioni telefoniche che il P.M. non abbia messo a disposizione della difesa dell’indagato, la quale ne avesse fatto richiesta prima dell’udienza del riesame. Nel caso di specie veniva lamentata dal ricorrente la lesione del diritto di difesa, in quanto gli veniva negato dal Pubblico Ministero la registrazione posta a base della misura cautelare: il difensore eccepiva così l’inutilizzabilità delle registrazioni, e veniva inoltre contestato il fatto che non fosse stato depositato l’originale del supporto magnetico, equiparabile ad un documento.
Estratto della sentenza per la copia del testo
La Corte ha stabilito che “ai fini della legittimità dell’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche, prevista dal primo comma dell’articolo 270 c.p.p., delle notizie acquisite in altro procedimento salvo che risulti indispensabile per l’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in fragranza è irrilevante che la originaria imputazione sia stata successivamente derubricata in una ipotesi criminosa senza obbligo di cattura, poiché si tratta di condizione processuale. la cui sussistenza va accertata nel momento dell’acquisizione nel procedimento ad quem degli atti assunti in diverso procedimento”.
Con la decisione in esame le Sezioni Unite, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che sussiste l’incompatibilità a svolgere successivamente nello stesso procedimento la funzione di interprete per il soggetto che, nell’ambito del conferimento ad altri del compito della trascrizione delle registrazioni delle conversazioni in lingua straniera intercettate, sia stato incaricato di effettuare, contestualmente e unitamente al trascrittore, la traduzione in lingua italiana di dette conversazioni.